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Dei Dilemmi Etici Della Pandemia Da COVID-19

Quaderno dell’Economia Civile n.9

di Stefano Zamagni, Università di Bologna – Presidente Commissione Scientifica AICCON

INTRODUZIONE

Due sono i principali tipi di crisi che è possibile rintracciare nella storia delle nostre società: dialettica l’una, entropica l’altra. Dialettica è la crisi che trae origine da un qualche conflitto che prende corpo in una determinata società, ma che contiene, al proprio interno, le forze del proprio superamento. Il che non implica che necessariamente l’uscita dalla crisi rappresenti un progresso rispetto alla situazione precedente.

Esempi famosi di crisi dialettica sono quelli della rivoluzione francese, di quella americana, della rivoluzione d’Ottobre in Russia. Entropica, invece, è la crisi che tende a far collassare il sistema per implosione, senza essere in grado di modificarlo con le sue sole forze. Si pensi, ad esempio, alla caduta dell’impero romano; alla transizione dal feudalesimo alla modernità; al crollo dell’impero sovietico.

Perché la distinzione è importante? Perché sono diversi i modi di uscita dai due tipi di crisi. Non si esce da una crisi entropica solamente con provvedimenti legislativi, con aggiustamenti di natura tecnica, con l’immissione di risorse economiche – pure necessarie – ma affrontando di petto la questione del senso.

Ecco perché ci vogliono oggi, come ieri, minoranze profetiche che sappiano indicare alla società la direzione verso cui andare mediante un supplemento di pensiero e soprattutto di spirito. Ebbene, l’evento pandemico da COVID-19 ha innescato una crisi di tipo entropico, connotata di dilemmi etici nuovi che, nella pratica, prendono la forma di preoccupanti trade-off.

In questa sede, potrò occuparmi di due soltanto di questi: quello riguardante la scelta del criterio in forza del quale procedere alla allocazione, tra portatori di bisogni eguali, di risorse sanitarie scarse e quello concernente la vexata quaestio della brevettabilità dei vaccini salvavita. Va da sé che tante altre sono le situazioni dilemmatiche che questa pandemia iniziata da un virus aerobico di origine zoonotica ha fatto sorgere. Si pensi solo al trade-off tra salute ed economia, cioè tra costi epidemiologici e costi economici, o al trade-off tra nazionalismo sanitario e solidarietà internazionale e altri ancora.

Non v’è da stupirsi di ciò, solo che si consideri che un’epidemia è un fenomeno sociale che influisce su tutti gli ambiti della vita associata. Come il celebre filosofo della scienza Thomas Kuhn ci ha ricordato, raramente i paradigmi cambiano durante le emergenze; ciò in quanto rivolgiamo le nostre energie alla ripresa di una “normalità” sperimentata nel passato – la cosiddetta restitutio ad integrum. Quando ciò accade, si rischia di formulare risposte prima che le vere domande siano individuate. Ecco perché c’è bisogno di un pensiero interrogante che si alimenti di critica e di autocritica.

L’intrigante bivio di fronte a quale si trova oggi il nostro paese è quello riguardante la scelta della strategia d’uscita dalla crisi attuale. Due, basicamente, le opzioni. Per un verso quella del ritorno alla situazione precedente la crisi, realizzando gli aggiustamenti necessari. È il modello della “nuova normalità”, noto come modello dell’alluvione: si attende che l’acqua rientri nell’alveo del fiume che è esondato; si rinforzano in qualche modo gli argini dello stesso, dopodiché si lascia che l’acqua scorra come in precedenza (il “business as usual”). Per l’altro verso, v’è l’opzione della resilienza trasformativa, il cui obiettivo è di accrescere la capacità di resistenza del sistema per far fronte a crisi future che già sappiamo che si verificheranno. Se la prima opzione ha di mira la fragilità, la seconda persegue l’obiettivo di ridurre la vulnerabilità del sistema. (Vulnerabile è chi può ricevere delle ferite.

La vulnerabilità, dunque, non va confusa né con la fragilità, che riguarda l’inconsistenza delle cose, né con la precarietà, che designa il carattere transitorio di una situazione). Penso non vi siano dubbi intorno all’opzione da privilegiare. Perfino il conservatore più spinto non può non ammettere che a poco varrebbe fare lo sforzo di accrescere la resilienza se il fine fosse meramente quello di conservare l’ordine sociale pre-esistente.

Prima di entrare nel merito dei dilemmi etici di cui sopra ho scritto, reputo opportuno dedicare i prossimi due paragrafi a chiarire due questioni di carattere generale, eppure afferenti il caso in questione.

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AICCON

AICCON è il Centro Studi promosso dall'Università di Bologna, dal movimento cooperativo e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell'ambito dell’Economia Sociale, con sede presso la Scuola di Economia e Management di Forlì.

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