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La Superpotenza Culturale Con I Piedi D’argilla

Articolo di Pier Luigi Sacco che interverrà alle GdB 2020 Digital Edition

L’emergenza globale sta mettendo in luce anche le fragilità del settore culturale, specie in ambito italiano. Ma allora quali strategie bisogna attuare per rendere questa crisi una opportunità?

I settori culturali e creativi sono stati tra quelli più duramente colpiti dalla crisi pandemica ancora in atto e la ragione sta anche nel fatto che, a differenza di altri settori produttivi, l’estrema frammentazione che li caratterizza e in particolare il peso percentualmente elevato delle micro-imprese e dei profili professionali individuali rende difficile sia individuare e raggiungere gli operatori che immaginare azioni di sostegno organiche ed efficaci nel breve termine. A questo si aggiunge uno storico ritardo nel far evolvere il sistema statistico di classificazione delle attività produttive (i famosi codici Ateco) in modo da cogliere in modo preciso e adeguato le specificità dei settori culturali e creativi, che oggi sono letteralmente sparpagliati in una miriade di caselle diverse, che spesso condividono con attività di natura molto differente, rendendo ancora più difficile una percezione unitaria e coerente di questi settori e delle loro complesse interdipendenze strutturali.
Un ulteriore problema che aggrava la situazione dei settori culturali e creativi in questo momento di crisi è l’incapacità da parte di tanti, troppi attori chiave del sistema decisionale delle nostre politiche pubbliche di farsi un’idea sensata del ruolo e dell’importanza della produzione culturale nel funzionamento dei nostri sistemi sociali ed economici, con il risultato di coglierne e interpretare le criticità in modo troppo semplificato e riduttivo, come risulta anche da qualche infelice battuta recente di protagonisti di spicco della nostra vita politica, che si aggiunge purtroppo a una lista talmente lunga e nutrita da perdersi nei recessi della memoria.

La conseguenza di ciò è che alcune iniziative di sostegno pubblico sono state intraprese, ma hanno interessato alcuni settori e non altri, e soprattutto hanno particolarmente trascurato proprio la parte più debole del sistema, quella delle micro-imprese e dei profili professionali individuali, che si trovano così ad affrontare questa crisi pressoché senza rete, con il tristemente prevedibile esito di impoverire in modo importante il tessuto produttivo della cultura e della creatività nel nostro Paese.
Non si dovrebbe poi commettere l’errore di pensare che queste micro-imprese e professionisti siano in realtà una frangia marginale del sistema: nel mondo della cultura, è tutt’altro che improbabile che essi possano giocare in molti casi un ruolo importante nei rispettivi settori per le loro competenze, per la loro storia, per le loro reti di collaborazione (che nei processi creativi hanno quasi sempre un ruolo fondamentale). Pensare di salvare questi settori concentrandosi soltanto sulle realtà e sulle istituzioni di maggiore dimensione rappresenterebbe quindi un errore grave, che pagheremmo molto caro soprattutto alla luce dell’importanza che si continua ad attribuire, almeno a parole, alla cultura e alla creatività nel processo di ricostruzione economica e sociale della fase post-pandemica.
L’esplosione di questa crisi diventa così un momento spartiacque, perché si trasforma inevitabilmente in un vero e proprio momento della verità circa la reale disponibilità del sistema-Paese a prendere o meno la cultura sul serio. D’altra parte, quello stesso sistema-Paese deve ora affrontare una sfida formidabile: quella di utilizzare l’ingentissima quantità di risorse che sarà erogata nei mesi a venire dai vari meccanismi di sostegno messi a disposizione dall’Europa, primo tra tutti il Recovery Fund, ma non dimentichiamoci delle risorse che sono già disponibili by default, come quelle della politica di coesione che proprio nel 2021 inizia il suo nuovo ciclo e che, come è noto, finiscono a volte per essere spese poco e male proprio dalle Regioni che potrebbero beneficiarne di più e che ne sono più dotate, in primis quelle del Mezzogiorno.

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Fonte: Articolo pubblicato su Artribune Magazine #55

AICCON

AICCON è il Centro Studi promosso dall'Università di Bologna, dal movimento cooperativo e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell'ambito dell’Economia Sociale, con sede presso la Scuola di Economia e Management di Forlì.

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