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Sostenibilità Come Prospettiva “desiderata”

Conversazione tra Silvano Petrosino, Università Cattolica del Sacro Cuore e Marco Dotti, direttore editoriale Emi, Editrice missionaria italiana

Il tema centrale di questa edizione de “Le Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile” è rappresentato dalla sfida della Sostenibilità Integrale. Ne vogliamo parlare con il professor Silvano Petrosino, professore di filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e autore di moltissimi saggi e libri, tra cui l’ultimo “Il desiderio. Non siamo figli delle stelle”.
Professore, lei si è sempre occupato del tema del desiderio, partendo da quello che è un suo campo preciso di studi – e cioè l’analisi dei grandi francesi del nostro secolo- fino a dedicare a questa tematica anche una magistrale biografia, che più che biografia è in realtà un tracciato, attraverso l’opera di Emmanuel Levinas.
Inoltre, recentemente, per le edizioni “il melangolo” ha anche pubblicato un bellissimo volume sulla nozione di abitare, di intimità, di ospitalità e di accoglienza.

La prima domanda che le pongo riguarda proprio l’essenza del desiderio. Il desiderio rappresenta un po’ quella cosa che sembra in qualche modo sfuggirci ogni volta che cerchiamo di definirla, anche quando cerchiamo di realizzarla; non a caso si dice “i desideri sono desideri, ma poi c’è la realtà”. Per cui professor Petrosino le chiederei di aiutarci ad entrare in questo ambito concettuale, filosofico e anche antropologico molto importante.

Grazie dell’invito e anche di questa domanda perché coglie subito il punto della questione. Lei ha ragione quando dice che in genere si equivoca: nel linguaggio comune si parla di desiderio, di voglia/aspettativa di bisogno, ma se appena si approfondisce l’analisi, bisogna riconoscere che nel desiderio emerge qualcosa di esclusivamente umano. Se si vuole capire qualcosa del modo d’essere dell’uomo, che è un modo d’essere particolarissimo, strano e delle volte persino spaventoso, bisogna certamente soffermarsi anche -e forse soprattutto- sul tema del desiderio perché concettualmente il desiderio va distinto in senso rigoroso dal bisogno.
Noi come esseri viventi obbediamo alla legge della vita e quindi abbiamo dei bisogni che devono essere soddisfatti: mangiare, dormire, riposarci, lavarci, curarci; ma al tempo stesso noi siamo dei “viventi particolari” perché siamo abitati da un desiderio che non è più interpretabile come “bisogno di qualche cosa”. Io cito sempre nei miei testi una frase formidabile di Lacan, lo psicanalista francese che forse è stato uno dei maggiori studiosi del desiderio del ‘900 quando scriveva che “il desiderio è il desiderio niente di nominabile”; questo aspetto della vita ci distingue dagli altri dagli altri viventi. Siamo come dire “mancanti di qualche cosa”, che non è una cosa, che non è un semplice oggetto. È chiaro che l’uomo poi ha tentato come sempre di nominare l’innominabile e nel momento in cui ha tentato di nominare l’innominabile ha dato dei nomi strani. Per esempio, ha detto che il desiderio dell’uomo è il desiderio di felicità; poi quando vai a cercare di determinare cos’è la felicità, ritorna l’ambivalenza o l’inquietudine che dicevo prima, non è più identificabile con una cosa, con un oggetto. In altri termini, per concludere questa prima domanda, il desiderio è quella dimensione della vita umana che ci porta al di là delle cose, al di là degli oggetti, al di là dell’appropriazione, al di là della funzione, e così via… Apre ad una dimensione che è misteriosa ed esclusiva dell’umano.

Grazie, con questa risposta lei ha già posto una distinzione importante, quella tra desiderio e bisogno. Spesso, soprattutto dopo la pandemia, si parla di rispondere ai bisogni anche se in qualche modo dobbiamo rispondere anche i desideri, visti però in questa prospettiva e cioè come slancio, apertura e in qualche modo tensione mai soddisfatta.
Lei si è occupato anche di economia e di filosofia dell’economia, ricordo “Capovolgimenti. La casa non è una tana, l’economia non è il business” un libro molto importante di qualche anno fa pubblicato da Jaca Book. Un’economia del desiderio, anziché un’economia del mero bisogno, a cosa ci chiama?

La parola stessa “economia” ha dentro nomos – la legge – e oikos, che è la casa. In genere si dice quindi che l’economia è “la legge della casa”, soffermandosi però solo sul termine legge e dando per scontato il termine casa. In realtà la casa, che è un luogo antropologico per eccellenza, non è luogo dove si soddisfano dei bisogni ma anche il luogo in cui in qualche modo si alimenta il desiderio umano.

È chiaro che in una casa noi mangiamo, dormiamo e ci laviamo ma nel momento in cui consideriamo i rapporti con il convivente o con la convivente, oppure i rapporti coi figli, siamo ad un livello dell’umano che non è più interpretabile come semplice soddisfazione di un bisogno. Pensate alla domiciliarità, non è soddisfabile solo con una risposta ad un bisogno. Pensate all’educazione (scuola) che non è solo soddisfare un bisogno, ma anche educazione al desiderio. Ogni volta in cui l’uomo, nel fare i suoi calcoli, tiene conto dell’altro fa una vera economia. Quando l’uomo tenta di tener conto anche del desiderio dell’altro, e non solo dei suoi bisogni, allora fa veramente un’economia. Ogni volta che l’uomo che tiene conto dell’altro, nel suo desiderio, fa economia. Il problema, infatti, sorge quando tutto è orientato al solo profitto, quando questo occupa tutta la scena economica: il profitto diventa male, diventa una perversione quando occupa tutta la scena economica, mentre l’economia appunto è oikos, c’è un aldilà del profitto.

Il desiderio chiama ad una realizzazione, anche se -come citava prima- è sempre una realizzazione mancata, non si centra mai perfettamente il bersaglio ed è proprio questo che fa alimentare il desiderio. È molto interessante questo “tendere a..” che nella parola desiderio è già nell’etimo latino. Questo ci aiuta a capire che cosa innesca il desiderio e che cosa innesca, una volta che c’è il desiderio, il cambiamento.
Le chiederei quindi, cosa innesca il cambiamento e perché è importante il desiderio per questo innesco generativo?

Si potrebbe affrontare il tema della topologia umana. Ciò che emerge è, ancora una volta, una cosa stranissima e cioè che l’uomo, così come tutto ciò che esiste, è sempre situato in un qui, ma al tempo stesso non è riducibile solamente al suo qui ma è anche aperto ad un oltre. A lezione faccio sempre l’esempio di una mamma, di una donna che ha il marito o il figlio che lavora all’estero. Certamente questa donna abita qui, nella sua casa a Milano ma il suo cuore è continuamente là, nel ricordo del figlio, del marito. L’uomo è un “aperto a” .. Perciò essere serio con il proprio desiderio, implica un rapporto con l’oltre.

L’arte e l’educazione sono innanzitutto educazione al desiderio, questo vale anche per la cura. La cooperazione deve essere seria con il desiderio non solo con il bisogno.

In questo periodo si fa tanto l’elogio dei sogni, i sogni sono importanti ma noi non possiamo pensare solo ai sogni (che non coincidono in toto con il desiderio). Il sogno, infatti, può essere una fuga “dal qui”, così come se ci blocchiamo nel qui e dimentichiamo la dimensione del desiderio, l’umano si scioglie.

 

Professore, questa ultima citazione mi ha fatto venire in mente l’Elegie di Rilke in cui viene affrontato proprio il tema dell’apertura. Per connessione ho in mente un’altra poesia sempre di Rilke in cui, davanti a un dorso marmoreo di Apollo, egli sente una voce apparentemente proveniente dalla pietra che gli dice: “tu devi cambiare la tua vita”. Spesso pensiamo al desiderio solo come una spinta, ma possiamo pensarlo anche come un appello, una chiamata.
Nel libro che ha pubblicato l’anno scorso “Vita e pensiero” analizza bene anche il termine desiderio: “de-sidera” e cioè mancanza di stelle. Siamo attratti e al tempo stesso attraiamo e forse questa duplicità in qualche modo ci richiama anche al tema di cui stavamo parlando all’inizio e che rappresenta la tematica centrale di queste Giornate di Bertinoro.

Potremmo dire così, che in fondo tutto il compito dell’umano, forse il compito educativo per eccellenza, è come essere seri col desiderio.

Ora può essere utile soffermarsi sulla distinzione fra la fertilità e la fecondità. Il rischio è di pensare il tema della “generazione”, uno dei temi fondamentali dell’umano, interpretandolo solo in termini di fertilità, quindi nell’ordine del biologico: ma c’è un’altra dimensione della generazione che è quella della fecondità, che ritengo molto importante, per esempio, a livello dell’educazione. Ma chi è il maestro? Colui che ti offre delle prospettive e contribuisce alla tua generatività. Oggi si parla molto di ambiente, ma noi non possiamo ridurre l’ambiente ai fiumi, al mare, ai laghi, perché l’idea di ambiente per l’uomo è molto di più, è generare umanità. E il maestro è colui che ti apre la testa, che ti fa capire delle cose molto interessanti, che ti rende fecondo; il maestro è colui che ci consegna “all’aperto” stimolando la capacità di dar corso all’attuazione ai nostri desideri.

Ringrazio il professor Silvano Petrosino che ci ha condotto e ci ha guidato in questa ricognizione del desiderio dal punto di vista concettuale, antropologico e direi anche etico.

 

 

Il contributo è pubblicato nel volume “GENERAZIONI. La sfida della Sostenibilità Integrale” che raccoglie tutte le relazioni e approfondisce i temi emersi in occasione della XXI edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile.

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AICCON

AICCON è il Centro Studi promosso dall'Università di Bologna, dal movimento cooperativo e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell'ambito dell’Economia Sociale, con sede presso la Scuola di Economia e Management di Forlì.

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