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Riconoscersi è L’inizio Di Un Reale Cambiamento

Articolo di Stefano Zamagni e Paolo Venturi

L’unica strada per uscire da una posizione meramente difensiva e formulare un nuovo ideale di futuro, è quella di scommettere su un agire corale caratterizzato da alleanze, collaborazioni e sperimentazioni inedite. L’inizio del “dopo”, postula infatti il riconoscimento del legame con l’altro. Allearsi e collaborare diventa possibile infatti solo quando riconosciamo di essere legati (non solo collegati), coscienti che “il mio futuro è legato al tuo”. L’individualismo di chi si propone come soluzione e la crescente solitudine di chi ha bisogno amplificano le disuguaglianze e allontanano le persone dalle comunità e dalle istituzioni. Per troppo tempo ci si è concentrati sui “contratti” (es. PNRR) senza curare “i patti” ossia quelle alleanze capaci di promuovere cambiamenti e orientare comportamenti sulla base di norme sociali e scopi condivisi. Possiamo riscrivere e rispettare i contratti, solo rifondando i patti attraverso un rinnovato riconoscimento.

Una prospettiva che nei confronti del Terzo settore, per troppo tempo si è tradotta in una mera dichiarazione strumentale: un principio incapace di concretizzarsi in azioni riguardanti il welfare, lo sviluppo e dell’innovazione. Per non rendere questo riconoscimento, un processo meramente retorico, è necessario tradurlo in azioni concrete capaci di modificare le strutture di potere che alimentano le decisioni e le scelte economiche, rendendole più aperte, inclusive e sussidiarie.

Riconoscersi non implica solo un rinnovato investimento nell’instancabile protagonismo di imprese sociali, cooperative, associazioni e fondazioni, ma anche un profondo ripensamento del loro significato in termini di creazione del valore e non appena in termini di riparazione o redistribuzione.

Un protagonismo che non va appena rivendicato, ma che deve aprirsi alla creazione di nuove intelligenze, nuove economie e nuove forme di governance da tradurre in amministrazione condivisa. Un processo di aggregazione della domanda e di intraprendenza collettiva quanto mai indispensabile oggi poiché le transizioni che stiamo attraversando non sono neutrali. Esse possono infatti portare ad un effettivo miglioramento delle condizioni di vita di molte persone, così come peggiorare ulteriormente le criticità sociali e alimentare le disuguaglianze già in essere. Nel 1962 Gunter Anders pubblica “L’uomo è antiquato”, un saggio che ci riguarda molto da vicino.

L’idea (anticipatrice dei tempi) che vi si trova è che l’essere umano è tale soltanto se qualcuno lo chiama in causa, se si cura di lui. Diversamente dal cartesiano “cogito, ergo sum”, quel che si rende necessario oggi è affermare: “cogitor, ergo sum” (mi si pensa, dunque sono).  Una prospettiva radicalmente diversa che richiede una visione antropologica ed una tensione inclusiva nel delineare le soluzioni buone per il futuro evitando di caricare ulteriori disuguaglianze sulle generazioni future.  Su questo fronte il principio del mutuo riconoscimento trova tre principali ambiti di sperimentazione che permettono di connotare le trasformazioni in atto.

Il primo riguarda la necessità di rilanciare l’adozione del modello democratico e deliberativo per la presa delle decisioni. Democraticità che costituisce non solo una rivendicazione etica in risposta alla logica del conflitto e al sentimento di intolleranza che matura in seno alle “comunità rancorose”, ma che rilancia l’originalità dei soggetti dell’Economia Civile in quanto espressione di una intraprendenza capace di tenere insieme la partecipazione e la solidarietà con la competitività e l’innovazione.

Il secondo ambito riguarda la necessità di includere il Terzo settore nell’allestimento di contesti abilitanti, costruendo così infrastrutture sociali ed economie secondo uno spirito neo-mutualistico.  Il terzo invece riguarda l’estrema urgenza di ridare al lavoro il proprio ruolo di attività volta alla piena realizzazione della persona rendendolo così allo stesso tempo giusto (cioè capace di offrire il potere d’acquisto necessario per provvedere alle proprie necessità) e decente (cioè capace di portare a piena fioritura umana). Quando il lavoro non è più espressione della persona, perché non ne comprende più il senso, diventa schiavitù.

Tre priorità su cui misurare concretamente ed in tempi rapidi, la reale motivazione della politica e delle istituzioni nel costruire orizzonti di bene comune. Una strada questa in cui non sarà possibile cooperare (condividendo mezzi e fini) senza riconoscersi e alimentare impatto e prosperità senza la consapevolezza che la comune “vulnerabilità” è superabile solo attraverso un rinnovato patto fra politica, economia e società civile.

Una prospettiva questa, che trova nella sussidiarietà circolare il metodo più adeguato per declinare l’azione pubblica: un’azione non solo promossa attraverso il contributo della comunità, ma insieme ad essa”. Mettere questi temi al centro della XXII edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di AICCON (14-15 ottobre) vuole essere, come sempre, un’occasione per costruire visione e cultura e per incoraggiare il cambiamento delle istituzioni, politiche e modelli di sviluppo.

Articolo pubblicato su Corriere Buone Notizie

 

 

 

 

AICCON

AICCON è il Centro Studi promosso dall'Università di Bologna, dal movimento cooperativo e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell'ambito dell’Economia Sociale, con sede presso la Scuola di Economia e Management di Forlì.

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