Articolo di Alessia Maccaferri pubblicato su Nòva24 il 4 ottobre 2015
Sharing economy, dono, cooperative: le aspettative e la fiducia degli italiani
Che quella che stiamo vivendo sia l’epoca che segna o meno la fine del capitalismo lo discuteranno gli storici. Di certo il discusso libro di Paul Mason, «Postcapitalism. Guide to the future» ha un merito. Comunque la si pensi, l’economics editor di Channel 4 News traccia l’orizzonte del nuovo, di cui Governi e imprese spesso sottovalutano la portata. Si tratta di un territorio composto dall’economia collaborativa, dal peer-to-peer, dall’impresa sociale. In realtà, ce ne siamo accorti un po’ tutti solo quando colossi della sharing economy come Uber si sono trasformati in servizi on demand, facendo concorrenza ai taxisti e adottando logiche del lavoro su richiesta.
Eppure le persone hanno già intravisto in questi fenomeni un’opportunità. «Non si tratta di una critica ideologica anni 70 al capitalismo – spiega Enzo Risso, direttore scientifico di Swg che ha condotto un sondaggio su un campione di mille italiani- ma della necessità di riportare equilibrio tra profitto e società». In effetti davanti alla richiesta di descrivere un’economia del domani, il 35,6% del campione guarda a un modello post capitalista basato su una economia più armonica, solidale e condivisa. «Alle Giornate di Bertinoro per l’economia civile (dove sarà presentata l’indagine integrale ndr.) parlerò di nuova economia comunitaria, cioè di un’economia basata sui bisogni delle persone e che sia capace non solo di generare profitto ma di fare star meglio le persone. Perché è da qui che viene il successo della sharing economy, dell’economia del dono, del mondo delle cooperative». Secondo il sondaggio Swg l’economia del futuro ha più bisogno di gruppi di acquisto solidali (38,8%), crowdfunding (28,5%), banca del tempo (26,7%), car sharing (21,10%). E ancora orto urbano, coworking, sviluppo di social network dedicati all’incontro tra domanda e offerta. Alla base di queste esperienze e attività ci sono valori come l’ambiente, l’educazione, la solidarietà, il valore morale e solo al quinto posto il risparmio economico. Ma quanto questi valori restano spinte ideali? Quanto questa economia può creare impatto senza dover poi adottare logiche tipiche delle grandi corporation? «La nuova economia comunitaria è una risorsa per rilanciare il tema delle cooperazione oltre le colonne d’Ercole del mutualismo – spiega Paolo Venturi, direttore di Aiccon, che organizza Le Giornate di Bertinoro (9-10 ottobre) – riportando al centro le relazioni, coinvolgendo il capitale umano e i giovani». L’idea non è tanto di portare la sharing economy nella cooperazione ma rigenerare le piattaforme cooperative alla luce dei nuovi paradigmi dell’economia collaborativa. Sfida non da poco per il mondo della cooperazione che sconta difficoltà di innovazione e di ricambio generazionale.
Eppure il passaggio pare necessario. «Attualmente le piattaforme di sharing economy hanno una visione di breve periodo – spiega Venturi – Ora si possono adottare meccanismi tipici delle piattaforme collaborative in una logica cooperativa, che assuma una visione di lungo periodo, anziché di breve periodo». Per esempio il Consorzio La città essenziale si sta facendo promotore di un progetto per l’affitto delle seconde case in una città come Matera 2019, Capitale europea della cultura. Anziché adottare un’ottica di guadagno di breve periodo, l’idea è reinvestire gli utili in un fondo per la riqualificazione di altri luoghi a fini di ospitalità. Le aree su cui si può recuperare la dimensione valoriale – coniugandola con la sostenibilità economica – sono per esempio quelle delle nuove vulnerabilità. Dove le periferie e i luoghi abbandonati possono essere recuperati con le imprese di comunità; dove i lavoratori delle aziende in crisi diventano imprenditori con il workers buyout cooperativo. Dove i beni confiscati alle mafie generano ricchezza economica e sociale grazie alle cooperative. Tutti processi lenti, ma in corso da anni. A ben vedere.